LA TERAPIA DI UN ULCERA SCLERODERMICA E' PIU' DIFFICILE DELLA SUO PREVENZIONE. LA PREVENZIONE E' DUNQUE PRIORITARIA

Generalità
Le ulcere sclerodermiche, a seconda della sede di comparsa, sono correlabili a diversi fattori causali a volte contemporaneamente presenti. Ma al di la dei fattori causali o concausali che la nascita di ogni singola ulcera si porta dietro, in generale chi soffre di sclerodermia e si allontana da una condizione di benessere generale ha più possibilità di vedere nascere un’ulcera cutanea o di farne peggiorare una pre-esistente.
Da quel momento diventa estremamente importante considerare tutte le possibilità per migliorare le condizioni generali della persona e, nello stesso tempo, agire sul versante cutaneo (cioè localmente) con manovre o pratiche di toilette che, soprattutto, non comportino un effetto lesivo sull’ulcera stessa. Una perfetta opera di toilette e cura locale che non consideri la contemporanea necessità di migliorare le condizioni generali della persona sofferente ha meno chance di vedere la chiusura dell’ulcera stessa.
Dobbiamo perciò cercare di raggiungere contemporaneamente questi due obiettivi:
1. LA MIGLIORE CONDIZIONE GENERALE
2. LA MIGLIORE CONDIZIONE LOCALE

Migliorare le condizioni generali del malato sclerodermico
I punti che appartengono a questo aspetto e che possono infl uenzare l’andamento delle ulcere sono i seguenti:
1. l’attività della malattia
2. la sofferenza o meno di uno più organi interni (sistema cardiorespiratorio, rene, fegato)
3. una bassa concentrazione ematica di albumina (cioè una bassa quantità di proteine nel sangue)

4. una bassa concentrazione ematica di emoglobina (cioè la presenza di un’anemia)
5. un cattivo stato nutrizionale e di idratazione in generale
6. una scarsa mobilità
7. il fumo
8. le condizioni ambientali (fi siche) in cui la persona vive
9. la serenità intima della persona (connessa alla serenità dell’ambiente familiare)
Al di là degli aspetti connessi direttamente alla malattia sclerodermia (quanto è attiva? quanto è estesa a livello cutaneo e degli organi interni?) che richiamano l’attenzione diretta del medico alla migliore terapia farmacologica possibile, bisogna contemporaneamente far in modo che tutti i punti o momenti patogenetici elencati si esprimano nel modo migliore affi nché la cura si possa defi nire davvero la migliore possibile.
L’alimentazione è uno di questi momenti fondamentali. Un’alimentazione adeguata deve puntare certamente ad un maggior apporto calorico in generale. In particolare, va posta grande attenzione all’apporto proteico (fondamentale per la riparazione dei tessuti cutanei) e alla cura della eventuale anemia che spesso accompagna il quadro clinico generale. Curare con grande attenzione tutti gli aspetti lasciando incontrollati questi
ultimi vanifi ca in genere tutti gli sforzi. Anche gli integratori vitaminici (C, A, E) e i sali minerali (K, Mg, Selenio, Zinco) devono essere considerati affi nchè il tessuto cutaneo possa ricevere il miglior apporto possibile alla sua riparazione. E non da ultima, si deve porre grande attenzione all’apporto idrico la cui adeguatezza è, anch’essa, direttamente proporzionale alla chance di raggiungere il nostro obiettivo.
E’ evidente che un lavoro di equipe che consideri il parere di un esperto nutrizionista sia, in alcuni casi più delicati, necessario.

Altro punto è l’attività fi sica (meglio se attiva, ma anche passiva se pur meno effi cace).
Quando non comporta traumatismi locali (sulla cute), il movimento è sempre da cercare perché condiziona un miglioramento della circolazione sia sul versante dei grossi vasi che su quello dei piccoli vasi (cioè dei tessuti periferici e quindi della cute). A volte va studiata caso per caso in relazione alle condizioni cliniche individuali (la presenza di lesioni ulcerative ai piedi non consente, ad esempio, di utilizzare la marcia come attività consigliata).
Il fumo deve essere abolito. E non solo perché ha una nota azione vasocostrittrice con danni progressivi sia sulla circolazione periferica (cute, ulcere) che centrale (cuore, polmoni).
Ricordiamo infatti gli effetti nefasti che ha sull’albero respiratorio condizionando una progressiva diminuzione della nostra capacità di difesa rispetto all’ambiente (microrganismi, freddo, etc).
Gli ultimi due punti sono a volte i più diffi cili da controllare. Ma sono molto importanti.
E l’ultimo, che tocca la sfera intima della persona, può passare inosservato sia perché si viene portati facilmente all’attenzione solo per gli aspetti fi sici della malattia (ma questo dipende molto dalla sensibilità del medico), sia perché la persona con sclerodermia sviluppa spesso un carattere forte che, a volte, può nascondere suo malgrado la naturale richiesta di aiuto. Ridere o sorridere spesso è una vera cura non solo perché allontana in quel preciso istante la malattia dalla mente ma anche perché sono noti gli effetti benefi ci che lo stare bene con se stesso porta sul microambiente del sistema nervoso centrale e di rifl esso sulla cenestesi in generale.

Il clima e il microclima dell’ambiente in cui si vive sono compagni di viaggio costanti e conoscendo l’infl uenza che essi possono avere sulla malattia sclerodermica (pensare al freddo o a chi usa continuamente le mani per il proprio lavoro magari con microtraumatismi continui), essi possono essere dei buoni o cattivi compagni.

Spesso sono davvero determinanti per la salute della persona. Il miglior ambiente casalingo e lavorativo nel miglior posto in cui vivere (da un punto di vista delle condizioni climatiche del territorio) sono tra gli obiettivi (per alcune persone solo la speranza o addirittura i sogni) da raggiungere. Spesso ci si deve accontentare limitando le scelte di vita e studiando il modo migliore per non subire danni dall’ambiente. Una buona cultura del
medico che segue la persona con sclerodermia, ma anche l’aiuto della famiglia sono in genere fondamentali per fare un decisivo passo avanti anche su questo punto.

Migliorare le condizioni locali dell’ulcera sclerodermica
I momenti principali della guarigione di un ulcera passano attraverso queste fasi:
• ottenere il controllo del dolore
• rimuovere il tessuto necrotico/devitalizzato
• ottenere il controllo dell’essudato
• avere pulito il fondo della lesione
• proteggere la cute circostante
• stimolare la granulazione del fondo e la riepitelizzazione del tessuto cutaneo.
I punti da rispettare perché questo si verifi chi sono:
La detersione non deve essere traumatica. Ideale è eseguirla con la soluzione fi siologica o il Ringer Lattato. Si rimuovono così anche i resti della precedente medicazione e i tessuti devitalizzati senza causare traumi sul fondo dell’ulcera. La corretta pressione si può ottenere con siringa da 20 – 35 cc ed ago 18-19 G.

Lo sbrigliamento dei tessuti necrotici può realizzarsi con l’uso di sostanze ad azione litica veicolati in creme oppure con il metodo meccanico o quello chirurgico.
Andrebbero evitati (o posta molta attenzione) i detergenti cutanei e gli agenti antisettici (prodotti iodati, ipoclorito di sodio, iodoformi, acido acetico, clorexidina, etc) perché oltre a rimuovere il tessuto devitalizzato possono anche essere dannosi sul tessuto di granulazione in quanto riducono il pH cutaneo distruggendo conseguentemente le cellule in fase di crescita. Se ritenuti necessari si possono diluire al 5%. Anche gli antibiotici
in creme possono provocare più danno perché fi nita l’azione che dura in genere poche ore, se lasciati sulla lesione, rappresentano un terreno di cultura per i microrganismi.
E’ meglio usare antibiotici sistemici che locali (salvo specifi che necessità da valutare caso per caso) in caso di ulcere infette.

Sulle ulcere infette non andrebbero mai applicati prodotti occlusivi come gli idrocolloidi.

Fare delle foto sulle ulcere infette per ricordare il punto di partenza sarebbe una buona abitudine. Il parametro principale dell’ulcera che andrà valutato è infatti soprattutto la sua dimensione (che deve essere seguita nel tempo)
La cute va protetta preventivamente con creme emollienti e/o oli, usando guanti, cuscini e scarpe idonee Una buona medicazione non dovrebbe indurre dolore (che ha un effetto vasocostrittivo, pertanto da proscrivere). In generale si deve preferire non arrivare al dolore attraverso una adeguata pulizia dell’ulcera piuttosto che con l’uso di anti-dolorifi ci.
Ma se fosse necessario, si fanno preferire i derivati morfi noidi come il tramadolo.

Effi caci, ma praticati in casi selezionati, sono anche i blocchi anestetici, la terapia del dolore per via epidurale o la simpaticectomia digitale (che oltre a ridurre il dolore determina un effetto vasodilatante).
La lesione deve essere anche protetta con una buona idratazione. Se umide, le lesioni guariscono prima. Se, al contrario, ci sono ulcere iperessudanti bisogna scegliere presidi adsorbenti ma che non secchino troppo la lesione.

Le lesioni cavitarie e tunnellizzate andrebbero riempite con specifi ci presidi per evitare che si formino ascessi. E’ utile zaffare le lesioni cavitarie con medicazioni in modo da aiutare il drenaggio dei tessuti devitalizzati. La lesione non va chiusa fi nchè non si siano riempiti completamente tutti gli spazi, proprio per evitare la presenza di sacche e poi di ascessi. Si deve chiudere la lesione cavitaria con garze sterili. Si possono usare anche fasciature per gli arti inferiori e cotone germanico per le ulcere con abbondante essudato. Una elasto-compressione (solo dopo avere eseguito un doppler) si può eseguire in presenza di edema diffuso.
Come consiglio fi nale andrebbe ricordato che le ulcere sono tutte diverse ed è facile avere sorprese.