OSTEOPOROSI E DIETA
F. Cappiello
L’osteoporosi è un’alterazione degenerativa delle ossa, caratterizzata
da diminuzione quantitativa del tessuto osseo. E’dovuta a insufficiente
elaborazione della matrice proteica delle ossa colpite per diminuita attività
osteoblastica (cellule che producono osso) o per disturbi del ricambio proteico
e deficiente assorbimento del calcio. Può essere associata a diverse malattie,
disturbi ormonali, carenze alimentari, forme ereditarie e all’assunzione
cronica di alcuni farmaci. La forma di gran lunga più frequente nella
popolazione generale è l’osteoporosi senile, in relazione all’età. Infatti
un processo di rarefazione ossea inevitabilmente si accompagna
all’invecchiamento e, in pratica, tutti gli individui, oltre i 40/50 anni,
hanno un certo grado di osteoporosi. Il sesso femminile è sempre stato
considerato il più a rischio, venendo a mancare, dopo la menopausa gli ormoni
che “proteggono” le ossa. Uno studio recente di un gruppo di ricercatori
dell’Università di Torino, ha rilevato, invece, che il 30% degli uomini sopra
i 55 anni ha un livello di testosterone ai limite della normalità: ciò
significa che pure l’uomo, dopo una certa età, è vittima di un calo ormonale
che lo sottopone a un maggior rischio di ammalarsi di osteoporosi, esattamente
come per le donne. Pur non essendo noto il meccanismo che sottende alla
degenerazione, pare comunque che molta parte sia svolta dai geni e da un enzima,
(Armatosi) che trasforma gli androgeni in estrogeni. “In alcuni soggetti –
concludono i ricercatori- l’Aromatosi lavora di più, in altri meno,
differenze dovute con ogni probabilità a variazioni genetiche”.
Come combattere quindi questo processo che sembra inevitabile sia per gli uomini
che per le donne tanto quanto la comparsa delle rughe? Si può iniziare dalla
dieta e a questo proposito l’unione Europea ha realizzato un progetto che nel
giro di alcuni anni dovrebbe, attraverso i medici di base, promuovere
l’aumento dell’assunzione di calcio con la dieta.
Il calcio alimentare e l’osteoporosi
L’osteoporosi, come altre patologie a lento decorso, ha le sue radici nel
passato, tanto che uno specialista di questa tipica malattia della senilità ha
scritto, con arguzia paradossale: “ l’osteoporosi è una patologia di
interesse pediatrico”.
Il paradosso, però, è solo apparente perché le premesse dell’osteoporosi
risalgono all’età giovanile, cioè agli anni in cui l’organismo ha le
potenzialità per capitalizzare nel tessuto osseo il massimo del calcio che i
presupposti genetici e l’apporto nutrizionale gli consentiranno di stivare.
Sono gli anni in cui si dovrebbe raggiungere il cosiddetto “picco di massa
ossea”, cioè il massimo della calcificazione possibile. In seguito, da
adulti, bisognerà accontentarsi di mantenere in pareggio il bilancio del
continuo rimaneggiamento osseo, fino a quando la menopausa per la donna e la
senilità per entrambi i sessi faranno prevalere i processi di riassorbimento
osseo.
In tarda età il declino strutturale dello scheletro è la risultante obbligata
di una serie di eventi difficilmente arginabili, se non altro perché
rappresentano la sommatoria di un vissuto, ovvero le tracce indelebili di uno
“stile di vita” cosparso di fattori a rischio. Qualunque sia il fattore
prevalente nella precocità del declino, è pur vero che l’essersi costruiti
in gioventù uno scheletro mineralizzato al meglio delle proprie possibilità
genetiche ed averne curato la “manutenzione” nei decenni successivi, rinvierà
o attenuerà il progredire dell’osteoporosi.
L’osteoporosi, come molte affezione croniche, si manifesta tardi ma è proprio
la consapevolezza del suo lungo iter e dell’influenza dei fattori ambientali
che deve stimolare i medici ed i potenziali pazienti alla prevenzione. Non
disponiamo di una ricetta sicura ma sappiamo con certezza che uno stile di vita
“sano” ed un’alimentazione corretta, ricca in particolare di calcio,
possono ridurre il numero delle fratture, l’invalidità e la mortalità che
accompagnano la “malattia sociale” detta osteoporosi. L’Organizzazione
Mondiale della Sanità si è fatta garante di questo principio che da alcuni
anni viene riproposto ed aggiornato in un’apposita “Giornata Mondiale contro
l’Osteoporosi”.
Divulgare i vantaggi di un buon comportamento alimentare, aderente alle semplici
raccomandazioni riportate nel testo, rientra nella moderna logica di prevenzione
e può migliorare la qualità della vita di tutti gli anziani.
Il ruolo privilegiato dei prodotti lattiero-caseari
La fonte alimentare principale, con caratteristiche di “marker” dei livelli
globali di assunzione del calcio, è rappresentata dai prodotti lattiero-caseari.
Nella dieta della popolazione italiana essi forniscono quasi i due terzi del
fabbisogno raccomandato; i vegetali contribuiscono invece per il 12%, i cereali
per l’8,5%, le carni e il pesce per il 6,5%. Nei prodotti lattiero-caseari,
dove il calcio si trova in forma organica (legato alla serina e all’acido
glutammico della caseina) e inorganica (sotto forma di citrato e di fosfato),
ricorrono le premesse più confacenti per un buon assorbimento di questo
minerale. Studi cinetici con isotopi marcati hanno documentato una frazione di
assorbimento del 43-45% (9).
Il latte
L e virtù del latte non si limitano al suo provvidenziale apporto di calcio e
probabilmente anche i consumatori meno attenti ai risvolti nutrizionali ne
conoscono bene i vantaggi. Ma può essere utile ricordare che l’apporto di
calcio e la sua utilizzazione sono più o meno simili, sia nel latte intero che
nel latte scremato o in qualunque altra formulazione a media o lunga scadenza.
Due bicchieri (ovvero 250ml) di latte, forniscono circa 310 mg di calcio
altamente utilizzabile, mentre il tradizionale cappuccino del bar viene
preparato con non più di 120-150 g di latte, ovvero circa 144-180 mg di calcio
disponibile.
Lo yogurt
Lo yogurt ha un contenuto di calcio praticamente analogo a quello del latte. La
crescente abitudine di consumare una confezione di yogurt (generalmente 125 g)
come spuntino del mattino o del pomeriggio può rappresentare un ulteriore
integrazione di circa 150mg di calcio.
I formaggi
Non c’è dubbio che i formaggi garantiscono un apporto percentualmente
elevatissimo di calcio. Rappresentano, infatti, una incomparabile riserva di
calcio biodisponibile, ma la loro ricchezza nutritiva ne condiziona talvolta il
consumo, specialmente per gli obesi e per gli ipercolesterolemici. Tuttavia, la
grande varietà di scelta che offre il mercato italiano dei formaggi consente
delle scelte mirate, in base al rapporto calcio/energia o calcio/grassi. Per
chiunque esiste la possibilità di scegliere la qualità e la quantità di un
formaggio in modo da rispettare nella propria dieta il tetto giornaliero
consentito di grassi o di colesterolo.
Non è possibile elencare il patrimonio nutrizionale della vastissima gamma dei
formaggi italiani e può essere di maggiore utilità, per i lettori, il
riferimento al contenuto medio di calcio, di grasso e di calorie nell’ambito
delle più comuni classificazioni di gruppo per 100g
CALCIO IN MG
Latticini 166-340
Formaggi freschi 160-210
Formaggi molli a breve stagionatura 512-567
Formaggi erborinati 400-405
Formaggi semiduri 860-870
Formaggi dura a lunga maturazione 720-1169
GRASSO IN G
Latticini 11-17
Formaggi freschi 19-24
Formaggi molli a breve stagionatura 25-26
Formaggi erborinati 22-27
Formaggi semiduri 27-31
Formaggi duri a lunga maturazione 28-29
ENERGIA IN KCL
Latticini 146-212
Formaggi freschi 253-288
Formaggi molli a breve stagionatura 30-334
Formaggi erborinati 324-364
Formaggi semiduri 343-439
Formaggi duri a lunga maturazione 374-406
Tutti i formaggi stagionati hanno un favorevole rapporto calcio/fosforo e quindi un ottimo assorbimento netto di calcio. In altri alimenti, come uova, le carni fresche e conservate, i prodotti della pesca, i legumi, il rapporto calcio/fosforo è invece nettamente a favore di quest’ultimo (14). In questi casi, va ribadito, non soltanto si riduce l’assorbimento del calcio ma esiste la possibilità (almeno teorica, nel soggetto sano) che un consumo eccessivo e protratto possa indurre una stimolazione cronica della secrezione di paratormone (PTH) con riassorbimento osseo. Abbiamo già premesso, a proposito del latte e dello yogurt scremati, che l’eliminazione di una quota di grasso non comporta una riduzione del contenuto di calcio, altrettanto vale anche per i formaggi light; è ovvio,invece che la stagionatura, con la conseguente perdita di acqua, “ concentri” maggiormente il contenuto percentuale di calcio. Oltre alla solubilità dei sali di calcio, è importante anche il momento della loro ingestione, perché potrà influire positivamente sull’assorbimento del calcio; l’assorbimento intestinale è più alto nel contesto di un pasto che non a stomaco vuoto. Gli studi sugli effetti del blocco farmacologico della secrezione gastrica, riguardo all’assorbimento del calcio, non dimostrano in maniera univoca una riduzione di tale processo. In definitiva, l’inserimento abituale dei prodotti lattiero-caseari nella dieta, in ogni fascia di età, contribuisce significativamente al raggiungimento della quota giornaliera di calcio proposta dalle Linee Giuda dello studio europeo.
Purtroppo, esiste una latente ma diffusa preoccupazione, soprattutto fra gli anziani, riguardo al consumo del latte e dei formaggi, per l’esasperato terrorismo con cui i mass media hanno trattato il tema del colesterolo degli alimenti minimizzando viceversa la molteplicità degli eventi (fumo, sedentarietà, stress, iperaggregazione piastrinica, ecc.) che predispongono all’infarto ed all’arteriosclerosi. I latticini hanno, in realtà, un “normale” tasso di colesterolo, mentre per i formaggi, dove il problema potrebbe porsi più per il contenuto totale dei grassi che per quello del colesterolo, esiste una larga possibilità di scelta fra i tanti prodotti del commercio a ridotto contenuto di grassi. Anche per le vere o presunte carenze di lattasi (non di rado il problema fa parte del più vasto quadro del colon irritabile ed i pazienti vengono etichettati “intolleranti al latte” senza i necessari approfondimenti) c’è la possibilità di utilizzare i prodotto delattosato, commerciato ormai da diversi produttori.